18/04/2024

Aviazione Non sparate sugli airshow

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L’incidente di venerdì a St. Moritz è un’occasione per riflettere sul tema della sicurezza. Come funziona una pattuglia acrobatica – Bisogna andare al di là dell’aspetto punitivo.

Ordinando la sospensione delle esibizioni aeree militari, il consigliere federale Guy Parmelin ha esercitato le sue prerogative negli ambiti della difesa, della protezione della popolazione e dello sport: tutti settori legati all’evento accaduto venerdì scorso sul campo di gara di St. Moritz.
Al di là delle competenze politiche e degli inquirenti, questo episodio è un’occasione per riflettere sullo stato della sicurezza del volo in Svizzera. Quest’ultima è affidata all’Ufficio federale dell’aviazione civile (UFAC), mentre le operazioni militari non sono a esso soggette. Però può apparire improprio classificare «operazione militare» l’esibizione di aerei militari in ambito civile (e, in questo caso, internazionale). Una pattuglia acrobatica nazionale non è un «corpo di ballo aereo» anche se la coreografia è una componente dello spettacolo. Per poter farne parte, i piloti devono possedere doti naturali rare e coltivate attraverso un’esperienza consistente su velivoli da combattimento.
Va anche rilevato che in Svizzera operano La Patrouille Suisse e il PC7 Team: due formazioni diverse, sia per attribuzione funzionale e collocazione organica nella Forza aerea, sia per metodo organizzativo. La prima è una squadriglia integrata nel dispositivo di difesa aerea con funzioni aggiuntive di rappresentanza, che vengono esercitate in alternanza e con schemi addestrativi ben definiti. La seconda viene composta di anno in anno tramite la riunione di piloti provenienti dai più diversi reparti: piloti che condividono la qualifica d’istruttori esercitata sul velivolo d’addestramento basico Pilatus PC-7.
Mentre i primi volano permanentemente sui jet e compiono voli d’allenamento in formazione tutto l’anno, i secondi volano periodicamente sul PC-7 come istruttori e partecipano a un periodo d’allenamento di una settimana alla base di Locarno e poi alle prove precedenti le varie esibizioni.
Per le gare di St. Moritz, il PC7 Team ha fatto base a Samedan e ha messo a punto un programma specificamente adatto a quello spazio. Venerdì scorso, evidentemente, è avvenuto un errore, poiché uno dei componenti del quartetto posteriore – il quale eseguiva una doppia virata incrociata in orizzontale – ha trascinato e tagliato il cavo superiore traente della telecamera che seguiva gli sciatori lungo la pista, senza toccare i cavi portanti d’acciaio.
Questi ostacoli, la loro collocazione e caratteristiche erano segnalati, e queste informazioni erano state oggetto del «briefing», la riunione operativa che precede ogni manifestazione aerea. Su questo, soprattutto, dovrà concentrarsi l’attenzione degli inquirenti o – meglio – dei periti specialisti che assistono la magistratura militare.
In una pattuglia acrobatica, ciascun pilota osserva continuamente la posizione dell’aereo che lo affianca (a velocità relativa zero), partendo dall’ultimo, fino al capo formazione. Egli conduce la traiettoria come fosse un solo aeroplano, che si scompone e ricompone nelle manovre. E prima che la scomposizione sia completata, nessun pilota ha la possibilità di vedere che cosa c’è davanti a lui. Infine, gli aeroplani sono scalati leggermente in quota allo scopo di tenersi al di fuori della scia di quelli che precedono. Il velivolo che ha colpito il cavo a St. Moritz era uno di quelli che si trovavano più in basso. Chi ha organizzato e condotto manifestazioni aeree, dovunque nel mondo, ha molto spesso percepito una specie di dicotomia culturale, un po’ sottotono, ma effettiva: ci siamo «noi» e ci sono «loro». E – sempre «loro» – sono professionisti specialisti del volo ad alte prestazioni, e quindi possono fare in piena sicurezza cose che «noi» non possiamo neppure sognare di proporre. Questa prerogativa viene spesso mantenuta quando uno di «loro» lascia le forze armate e viene assunto da una compagnia aerea o, semplicemente, vola in un aeroclub.
Avviene dunque – persino – che un pilota, il quale è normalmente soggetto a tutte le regole nazionali e internazionali del volo ai comandi d’un aereo di linea o di un aeroplano sportivo, ritorni a godere della considerazione delle proprie specialità professionali quando – indossata tuta di volo, stivaletti e casco – si siede ai comandi di una macchina classificata militare (anche se non più di un tipo in servizio). Qui non è tanto la macchina, che conta, ma piuttosto l’esperienza professionale originaria del pilota. V’è da sperare che fra coloro ai quali viene attribuita la responsabilità della sicurezza del volo, questo dettaglio «storico» possa essere considerato nella sua prospettiva reale, e non visto semplicisticamente in chiave punitiva. Le manifestazioni aeree, gli «air show», attraggono ancora centinaia di migliaia di persone nel mondo, e hanno dunque un ruolo culturale importante. Vanno migliorate, a beneficio di tutti; non depresse svilendone la qualità, o addirittura soppresse.
Corriere del Ticino, 21.2.2017